Questo anno 2011 ha segnato la crescente attenzione di media e mondo economico nei confronti del grande potenziale di sviluppo rappresentato dalle donne e tuttora utilizzato nel nostro Paese se non in minima parte, la più bassa d'Europa e dei paesi sviluppati. Convegni internazionali, studi, ricerche e pubblicazioni stanno dedicando spazio e risorse all'argomento, solo la politica non se ne accorge e ignora sia la questione occupazionale femminile, sia il gravissimo problema del continuo calo demografico: due argomenti strettamente connessi, come dimostrano le realtà dei paesi più evoluti del nostro.
I dati del Rapporto 2012 sull'uguaglianza di genere e sviluppo elaborato dalla Banca Mondiale sono recentissimi e confermano quanto calcolato dalla Banca d'Italia, cioè che un' occupazione femminile vicina ai parametri posti dall'Unione Europea a Lisbona, cioè attorno al 60%, porterebbero il Pil italiano a crescere immediatamente del 7 %.
Se si aggiunge che i paesi dove le donne fanno più figli sono quelli col tasso di occupazione più alto è evidente che ciò che viene meno nel nostro paese è un' organizzazione sociale che consenta alle donne di non rinunciare alla maternità. E' infatti evidente che nel nostro paese la scelta delle donne è sempre più in favore del lavoro a scapito della fertilità. Le conseguenze di questo reiterato comportamento collettivo dono devastanti, soprattutto per un futuro ormai vicino.
La consapevolezza di tutte le donne è quanto mai necessaria e deve servire da stimolo a tutte le persone che hanno voglia di cambiare la cultura del nostro Paese; c'è bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale per poter esercitare una pressione forte, trasversale e continua.
Tale cambiamento deve coinvolgere soprattutto gli uomini, ma deve partire dalle donne che devono farsi artefici di un continuo impegno, ognuna nel proprio campo, per ottenere dalla società e dalla politica un ruolo al 50% in ogni settore della vita e della Governance.