Il grande intellettuale Gillo Dorfles sostiene che parlare molte lingue è una necessità per chi vuol conoscere e comprendere paesi e società diverse.
La comunicazione avviene attraverso la condivisione di un linguaggio, senza il quale non vi può essere alcuna forma di interazione e di integrazione. Sorprende quindi che l’insegnamento e la verifica di conoscenza della nostra lingua non sia una priorità assoluta nei programmi di avviamento al lavoro degli adulti e di inserimento scolastico dei minori, poiché nella nostra città, ma non solo, in tutto il paese, vivono e lavorano migliaia di persone che non parlano l’italiano e lo capiscono pochissimo. Studiare e imparare è mestiere difficile e faticoso, per questo la maggior parte degli stranieri preferisce farne a meno, in un modo o nell’altro se la cavano comunque, ma l’integrazione è cosa ben diversa.
Il presidente francese ha posto con chiarezza la conoscenza dell’ idioma nazionale come requisito irrinunciabile per l’inserimento a pieno titolo nel suo paese, noi invece mandiamo alle urne di giugno migliaia di cittadini europei che sono nel nostro paese anche da brevissimo tempo senza che possano comprendere la nostra lingua. Se la cosa si può tollerare per le elezioni europee è invece assolutamente inaccettabile per le amministrative, in quanto la domanda legittima da porsi è: come possono conoscere e valutare la nostra città, decidere quali strategie di sviluppo supportare e quali politiche attuare persone che non leggono, non parlano, non intendono quello che noi scriviamo, diciamo, spieghiamo? E come possono scegliere cosa è meglio per la comunità e per la società persone che nulla sanno della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre aspettative?
É sconcertante il fatto che decideranno dei prossimi cinque anni della nostra città cittadini stranieri coi quali non possiamo comunicare, tant’è vero che l’informativa elettorale dovrà essere tradotta nelle loro lingue.
Crediamo invece che solo attraverso la conoscenza e la cultura dei luoghi si possa vivere positivamente e concretamente in una città straniera, passando innanzitutto dallo studio dell’idioma per poi accedere a quelle forme di scambio e di comunicazione interculturale che hanno fatto crescere nei secoli la società umana.