Bologna perde pezzi come un ferro vecchio.
Da parecchi anni, con periodicità e puntualità allarmanti, si apprende che agonizzano e spesso muoiono parti importanti della cultura cittadina: le librerie storiche, i teatri, i luoghi di pregio, molte attività culturali.
La spiegazione fornita è sempre la stessa: mancanza di fondi, responsabilità di altri.
Come faranno le altre città, non tutte evidentemente, dove le librerie antiquarie prosperano, i teatri sono in attivo e le iniziative sono tante e visibili?
Emblematica della nostra scorrettezza nella gestione del pubblico è la crisi di un’altra istituzione di rilievo della città, il coro Euridice, vanto del canto amatoriale, destinato a finire nel nulla a causa della mancanza di una sede. Questo coro, che esegue concerti in Italia e all’estero ed è diretto da un musicista di grande professionalità, era una volta alloggiato al cassero di Porta S. Stefano. Fu poi spostato alla attuale sede periferica a favore di altri gruppi che ancora oggi vi alloggiano e che tutto fanno tranne che valorizzare il luogo e mantenerne il decoro.
E’ mai possibile che tra i tanti spazi di sua proprietà il nostro Comune non abbia ritenuto di salvaguardare il coro Euridice e che ora debba chiudere, perché non sa dove andare, mentre vi sono realtà che ricevono fondi e occupano centinaia di metri quadrati in immobili di pregio appena restaurati?
Senza entrare nel merito delle attività svolte da tante associazioni abbondantemente sostenute da sempre dal nostro Comune, rimane un delicato interrogativo che da tempo attende una risposta e cioè: quali sono i criteri e le scelte adottate per l’assegnazione degli spazi pubblici e per l’elargizione di fondi senza ritorno?
E’ ora una priorità rivedere i criteri, le finalità e i ritorni di una attività di sostegno che pesa molto sul bilancio annuale e sulla destinazione e utilizzazione dei luoghi pubblici.
Non si vuole negare il ruolo, anzi importantissimo e fondamentale, di molte realtà che operano da decenni sul territorio, ma quando si parla di soldi dei bolognesi, tale ruolo va indagato e qualificato, classificato e gestito. Non è detto che debbano riprodursi e perpetuarsi sempre gli stessi operatori, le rendite da posizione sono obsolete e anacronistiche e devono essere abolite. Cominciamo ora con la volontà e il coraggio di interrompere i soliti circoli viziosi e troviamo la strada per mettere in luce le oggettive eccellenze della città e non solo quelle che ci hanno fatto comodo.