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Come sempre è una questione di cultura e la cultura di una città è frutto della sua storia. Bologna icona del civismo, della tolleranza, dell’accettazione del diverso, città capace di accogliere e integrare. Tutto questo è conseguenza naturale del suo essere grande crocevia, luogo eccelso di incontri e scambi di popoli, di lingue, di merci, di usi, costumi e culture. Bologna ha sempre saputo che dall’accoglimento di risorse intellettuali e di idee poteva trarre ricchezza, acquisire forza e potere, alimentare il sapere e con esso i mercati e le casse cittadine e dei suoi abitanti. La storia le ha dato ragione.
Oggi il cuore della città non è cambiato, ma le condizioni si, e fa la differenza.
Ogni bolognese ha la sensazione che la propria città sia “usata e gettata” da chi la calpesta, la imbratta, la ingombra, la utilizza per i propri scopi senza portare e aggiungere nulla in termini di idee, di cultura, di ricchezza. Quella sete di confronto e di verifica che animava mercanti, viaggiatori, scienziati, musicisti e tutti coloro che qui confluivano e che l’ha resa grande in passato non appartiene al multiforme e discutibile popolo di coloro che passano per, da e in Bologna. I magnifici luoghi della città, le piazze, i portici, tanti gioielli architettonici gravidi di storia, sono usati a mò di latrine, dormitori e refettori da gente che passa e và.
Alla città e a i suoi abitanti non resta nulla se non rabbia, disagio, paura, insulti, sporcizia.
Gli esempi si sprecano.
Non è pertanto pregiudizio, ma stanchezza che guida oggi i sentimenti della maggior parte dei bolognesi nei confronti di tutti coloro che vengono per impoverire la città aggiungendo danni ai danni e problemi ai problemi senza dare assolutamente nulla in cambio.
Il sentire dei bolognesi, sempre più diffuso e forte, è contro la lenta e subdola invasione che la città sta subendo da anni ed è più che giustificato, come lo è il loro desiderio di accogliere a Bologna solo coloro che hanno qualche cosa da dare.